Il cambiamento non rappresenta solo un passaggio da uno stato all’altro, ma un processo profondo di trasformazione che coinvolge pensieri, emozioni e comportamenti.
La nostra capacità di adattarci e trasformarci determina la possibilità di evolvere come individui, gruppi e organizzazioni.
Il cambiamento può assumere diverse forme: alcuni sono inevitabili, altri spontanei, mossi da un forte desiderio, e altri ancora reattivi, nati come risposta a fattori esterni. Qualunque sia la loro origine, i cambiamenti ci pongono di fronte a una sfida: accoglierli e utilizzarli come leve per la crescita personale e professionale, oppure resistervi per paura dell’ignoto.
Perché il cambiamento fa paura?
Nonostante il cambiamento sia essenziale per l’evoluzione, può attivare resistenze profonde. La nostra mente tende a preferire la sicurezza del noto rispetto all’incertezza e alla fatica della trasformazione.
Le resistenze che possono emergere durante il processo di cambiamento, fuori dalla zona di comfort, portano spesso a procrastinare, a negare la necessità di evolvere o alla paralisi, rimanendo bloccati nell'analisi continua del cambiamento senza mai agire.
Ma cosa intendiamo con "zona di comfort"? Secondo White è una condizione mentale in cui la persona agisce in assenza di ansia, con un livello di prestazioni costante e senza percepire un senso di rischio. È una condizione di familiarità e di sicurezza che fa sentire a proprio agio senza correre rischi o percepire pericoli.
Negli ultimi anni si è parlato molto dell'importanza di uscire dalla zona di comfort, come panacea di tutti i mali ma in realtà essa svolge un ruolo fondamentale: offre un posto confortevole dove elaborare esperienze, riflettere sulle nuove consapevolezze e ripartire.
L'obiettivo non è eliminarla, ma ampliarne i confini, rendendola più flessibile e adattabile. Per farlo, è necessario un lavoro di ristrutturazione delle convinzioni, delle emozioni e degli schemi di pensiero.
Come affermano Watzlawick, Weakland e Fish ristrutturare significa: “dare una nuova struttura alla visione del mondo concettuale e/o emozionale del soggetto e porlo in condizione di considerare i ‘fatti’ che esperisce da un punto di vista tale da permettergli di affrontare meglio la situazione anziché eluderla, perché il modo nuovo di guardare la realtà ne ha mutato completamente il senso”.
Un primo passo per avviare questo percorso è iniziare ad esplorare nuovi punti di vista e integrarli nel nostro quadro mentale complessivo, allargando la nostra visione, allenando la nostra flessibilità.
Un modello utile per affrontare il cambiamento è la Teoria della Flessibilità Cognitiva, sviluppata da Aaron Beck. Secondo Beck, le nostre credenze, i pensieri e le interpretazioni influenzano le nostre emozioni e il nostro comportamento. La flessibilità cognitiva consiste nella capacità di adattare i propri schemi di pensiero alle nuove situazioni, ampliando le prospettive e rispondendo con maggiore apertura ai cambiamenti. Questo approccio aiuta a ridurre lo stress ad esso connesso e promuove una visione più realistica della situazione.
Per sviluppare la flessibilità mentale, bisogna:
- Identificare il cambiamento: definire chiaramente il cambiamento e le sue caratteristiche.
- Esplorare le emozioni: riconoscere e attraversare le emozioni in ballo.
- Identificare le risorse: valutare le risorse personali (abilità, conoscenze, supporto sociale) che possono essere utili.
- Sviluppare una strategia: elaborare una strategia, basandosi sulle tue risorse, che consenta di affrontare il cambiamento in modo più flessibile, realizzando un piano d’azione concreto con obiettivi realistici.
- Monitorare il progresso: tenere traccia del tuo progresso nel tempo. Osservare come le emozioni e la prospettiva si evolvono nel tempo.
Il cambiamento nei team e nelle aziende
Se il cambiamento personale è fondamentale, altrettanto lo è a livello collettivo. La flessibilità e l’adattabilità di un team o di un’organizzazione sono fattori chiave di competitività e innovazione.
Nei team una mentalità flessibile facilita la collaborazione, il riconoscimento delle risorse di ciascuno e permette di affrontare le sfide con creatività.
Nelle aziende, abbracciare e far propria una cultura organizzativa che promuove la sperimentazione, l’apprendimento continuo e il miglioramento costante crea ambienti più resilienti e innovativi. In periodi di cambiamento organizzativo, la comunicazione gioca un ruolo cruciale: è fondamentale che i leader comunichino in modo trasparente e aperto, spiegando le ragioni del cambiamento, i suoi obiettivi e i benefici attesi. Allo stesso modo è essenziale che i dipendenti abbiano la possibilità di esprimere opinioni, preoccupazioni e feedback.
Infine, il cambiamento è una costante tra le generazioni. Ad esempio, le nuove generazioni stanno ridefinendo la cultura del lavoro, ponendo maggiore enfasi su flessibilità, benessere e apprendimento. Le aziende che accolgono il cambiamento come parte integrante del proprio DNA non solo risultano più attrattive, ma si posizionano meglio in un mercato in continua evoluzione.
Creare un ambiente in cui il cambiamento sia percepito come un processo naturale e non come un ostacolo permette di costruire team più resilienti e aziende più pronte ad affrontare le sfide del futuro.
a cura di Marialaura Taurisano, HRed Consultant